Ciò che dà carattere di medicina o di veleno è la dose….(Paracelso)

Dott. Marcella Saponaro

E’ possibile utilizzare un farmaco in dosi minime ottenendo lo stesso
effetto terapeutico voluto?

La ricerca del medico messicano dott. Eugenio Martinez dimostra che questo
è possibile, confortato anche dall’esperienza clinica, oramai ventennale, di
migliaia di medici in America Latina. Nel libro “Microdosi” edito da Marrapese
Editore, espongo da vicino gli aspetti tecnici e clinici di questa ricerca, che
apre uno scenario interessante nel campo medico e nel concetto stesso di
dosaggio farmacologico. Le microdosi sono diluizioni ponderali di rimedi
terapeutici
(farmaci, tinture madri di pianta fresca, oli essenziali), che
riducono anche di 1000 volte le dosi abituali utilizzate. Essi ottengono i
medesimi risultati terapeutici ma sono privi degli effetti secondari
abituali; inoltre non producono alcuna dipendenza.

La preparazione è molto semplice, di basso costo e non richiede strumenti
particolari; è a tutti gli effetti una preparazione galenica, che i farmacisti
possono preparare dietro ricettazione medica
(vedi anche articolo sul
Farmacista del 16-3-07).

Non sono omeopatici (siamo al di sopra dello 0 di Avogadro), sia per la
presenza del principio attivo, sia per la mancanza del criterio diagnostico del simile, sia per il veicolo diverso. Se il paziente è allergico al farmaco, lo sarà anche alla sua microdose. La tecnica di Martinez, con i suoi ottimi risultati a livello clinico, mostra che esiste una dose minima efficace, capace di ottenere la stimolazione dei recettori specifici, oltre alla quale è inutile, se non addirittura dannosa.

MECCANISMO D’AZIONE
Per questi rimedi si suppone valido il meccanismo d’azione della Via Breve,
che utilizza il sistema neuroendocrino (costituito dall’asse ipotalamo-pituitaria-surrene o IPS e dall’asse ipotalamo-pituitaria-gonadi o IPG). L’ipotalamo è una componente fondamentale dell’asse e un importante centro di smistamento: integra informazioni sullo stato interno del corpo, emozioni, stimoli ambientali, convertendoli poi in segnali ormonali, che hanno la funzione di mantenere uno stato di omeostasi degli organi. Il principale nucleo del SNC coinvolto nella regolamentazione dell’asse neuroendocrino è quello paraventricolare dell’ipotalamo (NPV). I neuroni dell’NPV rappresentano la componente finale di una rete neuronale specifica di collegamento. Molti risultati di laboratorio suggeriscono che stimoli chimici applicati alla cavità orale possono modulare la funzione dell’ipotalamo e del sistema nervoso autonomo. Questo è importante se si vuole comprendere il probabile meccanismo d’azione delle microdosi, dal momento che la loro via di somministrazione preferenziale è quella sopralinguale.

La base anatomica è data dalle connettività neurali esistenti tra orofaringe e sistema nervoso autonomo. L’innervazione della lingua e dell’orofaringe
proviene da tre nervi cranici: il nervo facciale (VII), il nervo glossofaringeo
(IX) e il nervo vago (X). Le fibre afferenti arrivano fino al midollo e terminano nel nucleo solitario omolaterale.
1) E’ stato dimostrato che le cellule del nucleo solitario comunicano con l’NPV dell’ipotalamo (Kanman e Yamashita, 1985; Lawrence e Pittman, 1985) e la stimolazione del nucleo solitario attiva le cellule dell’ipotalamo che secernono la vasopressina (Ciriello e Calaresu, 1980; Day et all., 1984).
2) Il nucleo solitario si proietta anche al nucleo intermedio laterale del midollo spinale, dove influisce sulla componente simpatica del sistema nervoso autonomo.
3) E’ stato anche dimostrato che l’informazione gustativa che viene trasmessa tramite il chorda timpani (ramo del nervo facciale) attiva il sistema ipotalamico istaminergico (Treesukosol et al, 2003).
Tutto ciò avvalora la possibilità che piccole quantità di microdosi applicate per via sopralinguale possano attivare il sistema neuroendocrino e arrivare, attraverso l’NPV ipotalamico, agli organi bersaglio.

MICRODOSAGGI: futuro della farmacopea?
Cercando nelle pubblicazioni delle diverse riviste scientifiche accreditate,
possiamo riscontrare già vari esperimenti ed esperienze cliniche effettuate
con microdosaggi farmaceutici, quasi a dimostrare una tendenza o comunque una intuizione crescente verso questa direzione. Basti pensare alla riduzione graduale della quota estrogenica nella pillola contraccettiva o all’utilizzo di piccole dosi di estrogeni in menopausa (vedi Prestwood KM e coll., JAMA Agosto 2003).
Nelle pubblicazioni riscontrate (vedi bibliografia) non ci si riferisce
propriamente alle diluizioni del dott. Martinez, (anche se le dosi sono di gran lunga inferiori a quelle ordinariamente usate, da 10 a 100 volte in meno). Ma questo è, in ogni caso, un segnale importante per la ricerca sulle microdosi.

Interessante per esempio il trattamento della chetoacidosi diabetica con
bassissime dosi di insulina (Vanelli e Chiarelli, 2003) o la iperstimolazione
ovarica con bassissime dosi di GnRH (Navot e colleghi, 1991 e Scott e
colleghi, 1993).


POSOLOGIA
La posologia abituale è di 3 gocce sopralinguali 3 volte al giorno. Per
aumentarne l’efficacia, si aumenta la frequenza di assunzione.


VANTAGGI
L’applicazione delle Microdosi potrebbe portare un contributo notevole alla
riduzione delle numerose malattie iatrogene, ad una migliore gestione
delle cure a lunga durata o nelle situazioni socialmente difficili (pensiamo
all’impegno sanitario nei Paesi del Terzo Mondo). Oltre a una riduzione
delle spese sanitarie, si può avere anche una migliore gestione degli effetti di dipendenza farmacologica. In America Latina i risultati clinici sono così
rilevanti che oramai migliaia di medici le utilizzano nelle varie strutture
pubbliche, con diverse applicazioni (antidolorifici, antibiotici, psicofarmaci,
antinfiammatori, ecc.).

Nel campo fitoterapico si può prevenire l’esaurimento e l’uso massivo di varie specie ma soprattutto si apre lo scenario di un uso orale sempre più
allargato degli oli essenziali
(finora visto con molta prudenza).
In microdose gli oli essenziali utilizzati non hanno mai presentato effetti
collaterali. Interessanti i risultati clinici che ho osservato con alcuni oli
antibiotici (ad es. Origano Hirtum e Timo Timolo, che possiedono un ampio
spettro d’azione su candidosi, problemi respiratori, malattie virali, infezioni
batteriche) o antinfiammatori (ad es. Achillea, ottima in campo ginecologico
per cisti ovariche, leucorrea, dismenorrea). Davvero buono l’uso della
Camomilla Blu nelle dermatiti allergiche o del Basilico negli stati depressivi
lievi.

PROSPETTIVE DI RICERCA
Sulla base di quanto detto, sarebbe auspicabile una ricerca approfondita sul
tema delle Microdosi, con gli organi e gli strumenti preposti. E ciò con vari
possibili obbiettivi:
1) Approfondirne il possibile meccanismo d’azione neurormonale, finora
forse poco studiato, allargando così l’approccio al tema dei dosaggi
farmacologici necessari.

2) Effettuare una sperimentazione con principi attivi puri, senza
interferenza di eccipienti, valutandone la diversa solubilità in veicolo
alcolico.
3) Sperimentare nuovi preparati con veicoli non alcolici (o sotto forma di
compresse).
4) Allargare la lista dei principi attivi e delle piante utilizzabili in microdose.
5) Monitorare l’efficacia della terapia con esami strumentali o batteriologici
prima e dopo l’assunzione.
6) Applicare una ricerca clinica nel campo delle tossicodipendenze.
E’ un impegno che ci avvicinerebbe sempre più ad una maggiore qualità di
cura, oltre che a quel giuramento che ci è ancora caro: “Primum non
nocere”…


Dott. Marcella Saponaro

tratto da un intervento fatto a un convegno del 2010 all’Istituto superiore della Sanità.

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“MICRODOSI” di M. Saponaro e Marco Santello ediz. Marrapese

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